Premessa

UELCAM!

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venerdì 28 novembre 2008

Rituali e coraggio

Ogni giorno da mesi, ormai, si compie il mio rituale giornaliero: mi sveglio un'ora o due prima dell'ora impostata sulla sveglia, mi alzo dal letto, alzo la serranda, esco in pigiama nel freddo della primissima mattina, mi stringo nelle spalle per colpa dello sbalzo caldo-freddo, afferro saldamente la ringhiera verde del balcone e guardo giù. Sposto lo sguardo, cerco di scrutare il mare, ma è ancora troppo scuro, non si vede nulla. Osservo tutto quello che i miei occhi riescono a toccare: il degradato panorama, qualche rara macchina che sfreccia sull'asfalto bagnato dall'umidità, una luce coraggiosa ancora (o appena) accesa in un palazzo vicino, un cane che passa, un gatto che corre, un vecchio solo e infreddolito che passeggia. Chiudo gli occhi e ascolto il dolce suono delle gomme che scivolano sull'asfalto bagnato, un cane che abbaia in lontananza, un gabbiano che strilla. Poi inspiro a fondo, stringo più forte la ringhiera verde e guardo giù. Osservo intensamente le minuscole mattonelle che compongono la strada del palazzo, i tetti bagnati e sporchi di zampe di gatto delle macchine parcheggiate, i cumuli di mattoni lasciati dagli operai, le siepi poco curate che recintano il giardino, la vecchia fontana ormai vuota dove cadevo sempre da bambina, il gazebo in legno verde tutto rotto dove ho passato le migliori giornate della mia infanzia, le altalene arrugginite...
Mi sporgo, osservo, mi ritraggo. La voglia c'è e tanta. Manca il coraggio. Manca quella piccola spinta finale. Come una mano che mi trattiene, mi tira un braccio, si posa sulla spalla. Una voce che sussurra qualcosa che non riesco a capire. Qualcuno che è stato, ma che ora è perduto.
Tutto per una piccola, fottuta spinta.

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