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lunedì 9 giugno 2008

Ce l'ho con... La rubrica di Alessandro Nardone

Ragazzi, vi presento un nuovo momento di profonda cultura: la rubrica di Alessandro Nardone "Ce l'ho con...". Andrà in onda nei giorni del quandocapita con intervalli di echilosa.
Oggi si discute di...

Ce l’ho con… gli MMORPG


L’acronimo mmorpg (massive multiplayer online role-playing game) identifica un gioco di ruolo per computer o console che viene svolto tramite internet contemporaneamente da più persone. Migliaia di giocatori possono interagire interpretando personaggi che si evolvono insieme al mondo persistente che li circonda ed in cui vivono. L’obbiettivo quindi è incarnare un personaggio; virtuale, e muoverlo qua e là nell’ambientazione creata dai programmatori. Lo scopo principale è quello di socializzare con gli altri giocatori simulando ed eseguendo azioni che sarebbero nella vita reale impossibili. Trovarsi in quelle situazioni, dover prendere delle scelte, rende il video-gioco diverso dalla realtà, ma culturalmente con gli stessi meccanismi.
Un noto sociologo definisce il gioco come:

[…] uno spazio in cui i significati vengono costruiti attraverso la partecipazione all’interno di un luogo condiviso e strutturato, un luogo di sicurezza e fiducia limitate, in cui i giocatori possono abbandonare la vita reale senza correre rischi e impegnarsi in un’attività che è dotata di senso nel suo eccesso governato di regole. […] il gioco è composto da quattro dimensioni. 1.Agon: competizione; 2.Alea: fortuna; entrambe obbediscono alla stessa legge: la creazione artificiale, fra i giocatori, di condizioni di assoluta uguaglianza che la realtà nega invece agli uomini. 3.Ilinix, possessione di tipo fisico e infine 4.Mimicry, identificazione, mascheramento, il piacere nel passare per un altro.
(Why study the media? – Roger Silverstone “99)


Le sue affermazioni datate 1999 sono divenute ormai antiquate con il crescente espansionismo, ogni anno sempre più, dei giochi di ruolo online. Il videogiocatore seduto davanti al computer non si trova più nel luogo di sicurezza e fiducia descritti da Silverstone; non si trova più in una situazione di assoluta parità e uguaglianza che la realtà nega agli uomini. Nei giochi online di ultima generazione e neanche tanto ultima il gioco riproduce, le dinamiche che caratterizzano la vita reale. Differenza di Status, forza, oltre che pregiudizi, giochi di potere e nonnismo sono alla base di questa esperienza virtuale, con la regola del: chi prima arriva e chi più gioca; più è forte e più governa. Tour de force per raggiungere in meno tempo possibile il livello più alto così da capitanare e controllare nonché ostacolare il più piccolo, in gergo “il niubbo” sono all’ordine del giorno.

La persona, che potremmo definire debole, si rifugia nel suo mondo virtuale, (non tanto suo) per fuggire dal mondo reale, che teme e che non è in grado di affrontare; la cosa paradossale e che anche nel secondo mondo trova un clima che gli è avverso, in cui se non sei del livello massimo non sei nessuno. Il gioco è cultura del “come se” per eccellenza; e nessuno vuole interpretare lo sfigato anche nel mondo virtuale, creando un circolo vizioso senza fine.

Bisogna non generalizzare, ovviamente nei giochi di ruolo online molte persone si svagano e si divertono tranquillamente, ruolando e simulando personaggi completamente diversi dalla loro personalità, ed è lì che risiede tutto il divertimento. Continuando con una citazione di Silverstone possiamo aggiungere: In queste attività c’è del piacere, il piacere del gioco ben giocato, la mossa ben fatta, l’occasione ben sfruttata, il rischio corso con buon esito, la sfida ben condotta, la supposizione che coglie nel segno, il sogno appagato. C’è piacere nel partecipare, nell’avere compagni di avventura e nella rivalità, nell’osservazione, nell’identificazione, nella sublimazione, nella regressione, nel gioco e nella giocosità.

Il bambino che gioca abita in un’area che non può essere facilmente lasciata, quest’area del gioco non è psichica, interna. Essa è fuori dall’individuo, ma non è il mondo esterno.
(Winnicott, 1974)

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